Descrizione
PREMIO NASSUATO 2024
Linda Barbiero e Ashley Cara sono le giovani vincitrici dell'edizione 2024 del premio Nassuato dedicato alle ragazze ed ai ragazzi del nostro Istituto Comprensivo Betty Pierazzo, che terminano il ciclo della secondaria di primo grado con il voto finale di 9 e 10. Un tema molto impegnativo: “L’arte da imparare in questa vita non è quella di essere invincibili e perfetti, ma quella di saper essere come si è, invincibilmente fragili e imperfetti.” Alessandro D’Avenia “
Alla cerimonia condotta dalla Consigliera Marianna Duregon e alla presenza del nostro Sindaco Stefano Sorino, della Commissione Giudicatrice e della Dirigente dell'Istituto Comprensivo Elisabetta "Betty" Pierazzo Francesca Bonazza, palpabile un clima di gioia ed entusiasmo nel ricorso dell’indimenticato Tonino, e di papà Antonio Nassuato, fondatore di questa bella iniziativa, giunta alla XXXIII Edizione.
A questo link Album fotografico e testo dei componimenti premiati:
PRIMO CLASSIFICATO - LINDA BARBIERO
In un mondo invaso dalla tecnologia questa citazione rappresenta in qualche modo la luce in fondo al tunnel, qualcosa che smuove da dentro le persone, dal cuore allo stomaco.
Nella frenetica vita di tutti i giorni sono tante le volte in cui penso a me stessa e come pian piano la vita stia creando una nuova versione del mio carattere e del mio aspetto. Ogni tanto mi fermo davanti allo specchio e mi guardo, lì sembrano arrivare tante parole, dalla mia testa uscire delle voci che mi sussurrano cose belle e cose brutte, soprattutto in questa età che il mio carattere comincia a cambiare ed emergere sempre di più, molto spesso di conseguenza mi capita, involontariamente, di ferire sempre di più chi mi sta vicino. Quando accade i sensi di colpa cominciano ad incombere come un brutale temporale nella mia mente e sono solo giudizi negativi quelli che prendono il sopravvento. Penso spesso che vorrei essere qualcun altro, quella perfezione vista cinque minuti prima in un post di instagram, ma so che non sarò mai così.
Leggere questa frase da un lato è terapeutico, invece dall’altro mette il lettore davanti alla realtà, per alcuni crudele e inaccettabile, per altri di conforto. Ma il significato che io attribuirei a quest’ultima, e che più mi rappresenta, è accettare di vivere senza maschere una realtà difficile, piena di giudizi e pre-giudizi dove è più importante apparire e non essere, mostrare il proprio valore solo a chi ci fa comodo e ignorare il resto del proprio essere per seguire dei canoni prestabiliti dalla società.
Vivere come in un film dove un dramma ti porta ad essere conosciuto da tutti e uno scandalo ad essere isolato e messo in disparte anche da chi ritenevi tuo amico.
Molte volte nel corso del mio anno scolastico si è presentata davanti a me la scelta di apparire “perfetta” o di essere me stessa, nel dubbio ho deciso di scegliere la prima perché nella quotidianità essere qualcuno che veramente non ci rappresenta è molto più semplice di essere ciò che si è veramente: degli uomini con delle emozioni e tante fragilità.
Sin da piccoli ci insegnano che la vita va vissuta da sé con dei propri pensieri e delle proprie convinzioni, di pensare con la propria testa e riconoscere i valori delle persone che ci circondano.
Una volta cresciuti però questi insegnamenti cambiano e diventano: lo studio, l’impegno e l’educazione e la responsabilità; veniamo modellati dai social, plasmati per seguire la massa e obbligati a perdere noi stessi. L’unica persona che ci potrà mai conoscere fino in fondo, pian piano, comincia a svanire fino a che rimane solo che l’ombra dei vecchi ricordi e del proprio carattere.
Mettere le maschere è la soluzione più semplice e duratura; mostrarsi fragili, insicuri e pieni di sentimenti contrastanti fa troppa paura. Essere sé stessi significa essere vulnerabili, come quando si esce in mezze maniche anche se fuori piove. Quando si torna a casa non si sa mai se si prenderà una brutta influenza o solo un brutto raffreddore, se fosse così semplice ci sarebbero molte più persone che proverebbero a uscire dagli schemi, avere il coraggio di esporsi, ma purtroppo è molto più complicato. Mostrare il lato nascosto della propria personalità può darti gioia, ma anche grandi dolori, può creare dei mostri troppi grandi da superare, ma troppi piccoli per essere considerati dei problemi dagli altri.
Combattere contro sé stessi è la lotta più dura da affrontare nella vita, anche quando si pensa di conoscersi veramente, in fondo ci sarà sempre il lato della propria vita che non si ha scoperto ancora e sarà difficile da combattere.
Talvolta toccare il fondo ci permette di vedere la realtà con occhi diversi, da invincibili diventare vincibili e imperfetti, accettare che il mondo è un teatro e noi siamo gli attori che hanno il compito di intrattenere gli spettatori. Ma ciò che di veramente importante possiamo fare è cambiare il copione, riscrivere la nostra storia con un finale diverso, più allegro e meno razionale, dove anche i più forti si aprono al mondo, trovano il loro percorso e lo attraversano con la stessa fragilità e innocenza di un bambino. Dove al posto della scritta “The end” alla fine ci sarà scritto “e così anche gli invincibili diventeranno invincibilmente fragili e capaci di amarsi con le proprie imperfezioni”.
SECONDO CLASSIFICATO CARA ASHLEY
Sin da quando siamo piccoli, ci vengono imposte delle “immagini” da rispettare, per integrarci al meglio nella società, incastrandosi perfettamente negli standard imposti, sia dalle persone che conosciamo, sia dai social media, piattaforme molto utilizzate soprattutto dalle ultime generazioni.
Gli standard di persona perfetta sono molti, variano spesso dall’aspetto fisico, andamento scolastico e professione.
Tutti questi standard infieriscono molto sulla vita di tutti noi, e questo può creare diversi problemi ad ognuno.
Ad esempio, nello standard dell’aspetto fisico, apparenza, spesso viene stampato nella testa di molte persone, che se non si è in un certo modo, ad esempio altezza, occhi chiari, una certa massa corporea, con particolari e precise caratteristiche fisiche, non si può venire considerati “belli” dalle persone che ci circondano; quando la bellezza è in realtà qualcosa di soggettivo.
Oppure appunto sull’andamento scolastico, quando spesso i ragazzi si stressano più del necessario su brutti voti, come se il voto facesse la persona, quando invece non è così.
Perché dobbiamo pensare che se non abbiamo certe particolarità fisiche, voti alti, o un lavoro importante siamo sbagliati, oppure ci sentiamo inferiori agli altri?
Un voto non dice necessariamente chi siamo come persona, ma sta a noi mostrarlo agli altri.
Queste “immagini”, possono anche poi creare diversi problemi nella vita di tutti e soprattutto dei giovani adolescenti, dove molti sono ancora abbastanza immaturi per comprendere che non è l’apparenza a dire chi siamo, ma quello che abbiamo dentro, il modo in cui decidiamo di reagire alle sfide imposte dalla vita, e a come ci comportiamo con gli altri, rispettandoci a vicenda e aiutando il prossimo.
La vera impresa sta quindi nel comprendere ciò, per questo molte persone sono costrette a vivere nella sofferenza, nella paura di non essere abbastanza e in quella di non essere accettati da nessuno a meno che non si abbiano certe qualità.
Tutte queste paure vengono poi affrontate diversamente, anche in base alla personalità di ognuno di noi: c’è chi potrebbe utilizzare queste debolezze per migliorare e chi invece il contrario.
Per esempio chi è più sensibile, ansioso e timido potrebbe riscontrare diverse difficoltà nel fare amicizia o attività di gruppo per la paura di non essere abbastanza.
Poi, a seconda di come questa paura viene vissuta, possono anche venire sviluppati problemi d’ansia che possono incidere in maniera negativa nelle attività di tutti i giorni.
Negli individui con invece carattere più forte, le idee di persona e l’opinione altrui possono interessare poco, ma possono anche per loro avere un impatto molto negativo, anche se magari manifestato in maniere diverse.
Questo però non giustifica quanto sia grave tutta questa idea di persona perfetta, quando si sa che l’uomo è un essere imperfetto.
Questo è invece quello che è accaduto a me.
Sin da quando ero piccola, sono sempre stata indotta a credere di dover essere in un certo modo per poter essere considerata una brava bambina e successivamente ragazza.
Sono sempre stata convinta che per venire considerata brava da familiari, amici e insegnanti, avrei dovuto rientrare ad ogni costo negli standard di bambina perfetta: brava a scuola, gentile, obbediente e bella.
Da piccola, non ero abbastanza matura per capire che già di per sé questo modo di pensare era estremamente sbagliato.
Proprio per questo, ero solita stressarmi molto sopra verifiche e interrogazioni, convinta che avrei deluso tutti.
Tutta questa convinzione andò avanti fino alla seconda media, quando iniziai a comprendere che la scuola sarebbe servita a me per raggiungere certi obiettivi, e non per rendere contenti gli altri.
E’ proprio quando capii che dovevo iniziare a studiare più per me stessa che per gli altri che iniziai a vivere la scuola più serenamente, a viverla in maniera completamente diversa, tanto da renderla un posto divertente e piacevole in cui stare.
Perciò ho capito che la vera sfida nella vita sta nel capire che ognuno di noi è perfetto così com’è, imperfetto nei suoi pregi e difetti, a prescindere dal fatto che rientri o meno negli standard imposti dalla società.
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